domenica 23 novembre 2008

perché adottare il punto di vista interno?

Ho cercato ieri di illustrare i punti di vista che il narratore può adottare.

Ma quale scopo si prefigge nello scrivere da un punto di vista determinato?

Per il punto di vista interno la risposta è abbastanza facile: vedendo e sentendo quello che sente un personaggio, il lettore è portata a identificarsi con il personaggio.

Basta considerare quanto accade allorché la narrazione viene condotta dal punto di vista di un ladro, che progetta un colpo grosso: il lettore, lo spettatore di un film, è portato a condividere speranze e paure del ladro. Teme di essere scoperto, di non riuscire a entrare, di non riuscire ad uscire, ecc. Non è necessario che il lettore simpatizzi con il ladro in quanto ladro, che ne approvi l'agire. Simpatizza con il personaggio, indipendentemente dalla qualità morale el suo agire.

Ne consegue che il punto di vista interno produce una sospensione del giudizio morale sul personaggio. Nessuno è buon giudice in causa propria. Nel momento in cui il lettore s'identifica col personaggio, trova difficile giudicarlo, come troverebbe difficile giudicare se stesso sotto l'impeto della passione. Semmai, il giudizio è possibile in un secondo momento, quando la passione è scemata. Il giudizio richiede un distanziamento, che non è compatibile con l'immersione nelle passioni del personaggio.

Non appena l'identificazione s'interrompe, il lettore ricupera la sua libertà di giudizio. Una volta uscito dal personaggio, allora lo può giudicare. Lo farà con tanta maggiore cognizione di causa, in quanto ha sentito quello che il personaggio sentiva e pensa di conoscere le motivazioni del suo agire.

Sarebbe bello a questo punto domandarsi da quale punto di vista è scritto il Signore degli Anelli.

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